Il bosco

Il bosco è uno dei luoghi più suggestivi al mondo; qui vivono diversi tipi di alberi, ma anche fiori, funghi, animali e uccelli. L’aria che si respira è totalmente diversa da quella della città; è una sensazione unica trovarsi soli in mezzo a un bosco, perché si provano emozioni difficili da esprimere: felicità, perché si è circondati dalla natura e dagli animali, tranquillità, perché si sentono il brusio delle foglie, il canto degli uccelli e il gorgoglio dei ruscelli e tutto ha un effetto rilassante.

Il bosco trasmette molte emozioni, nelle varie stagioni; in primavera domina il verde della natura che riprende a vivere, in estate la sensazione di frescura, in autunno diventa una tavolozza di colori, mentre in inverno è avvolto dalla neve.

La bellezza del bosco non è racchiusa soltanto nei colori, ma anche nella vita degli animali che lo popolano. Nei boschi si possono organizzare anche giochi per grandi e piccini come la caccia al tesoro, il nascondino e altri a contatto con la natura. Il bosco è un luogo magico, pieno di sorprese per le persone e gli animali.

Capire l’importanza dell’ambiente che ci circonda significa costruire un futuro “ecologico”, a misura di uomo per noi e per chi verrà dopo di noi.

 

Sindi B.

Caro albero

Caro albero, con l’autunno
colori le tue fronde
di toni vivaci e gioiosi
rosso, arancio, giallo…
Sono i colori con cui
fai risplendere i cuori!
Poesia, sentimenti e fantasia
diffondi nell’aria con tanta armonia.
Le tue foglie poi
toccano lentamente il suolo
e tutto sembra morire.
I colori che circondavano l’ambiente
scompaiono e la famiglia di uccelli
che abitava sui tuoi rami
cerca un posto più caldo e sicuro.
Tutto si rattrista,
ma solo per poco,
il bianco candido della neve
ricoprirà tutto e i bambini
torneranno a giocare attorno a te.

Elisa B.

Il gatto Marshmallow

C’era una volta un piccolo micetto color panna montata di nome Camillo, che viveva nella Città dei Dolci. Un giorno, mentre andava a caccia di topi di liquirizia e di uccellini di frutta caramellata, si imbatté in un’immensa foresta di canditi. Al centro della foresta, proprio accanto ad un albero di gelatina, viveva un perfido mago, che in un baleno saltò fuori e trasformò il piccolo Camillo in un marshmallow… uno dei dolci che più odiava e lo materializzò in una città lontanissima: la Città di Cioccolato, nota per i mostri mangiatori di marshmallow e per gli spietati accalappia-marshmallow.
Girovagava da giorni quando incontrò una veggente di nocciole che gli diede un libro per sconfiggere il mago. Il libro era pesante e sopra c’era disegnato un inquietante pasticcino, ma, nonostante tutto, Camillo si mise in cammino. Giunto davanti alla Foresta di Canditi, pronunciò le parole di un incantesimo per chiamare il mago, impegnato a potare le sue siepi di torroncino:
“In un marshmallow tu mi hai trasformato,
Vieni a me,
Fatti vedere,
Di nuovo in gatto mi devi mutare!”
Quando fu davanti a lui Camillo pronunciò il primo incantesimo del libro:
“Cioccolato – torroncino
Tiramisù – pasticcino.
Ti condanno per l’eternità ad una pena senza età!
Ora sparisci, vattene via,
Che tu possa marcire in una cella
Lontano da casa mia!”
Il mago scomparve per sempre… Solo io so dove si trova e voglio svelare il mio segreto: nel penitenziario Pralina Solitaria ai confini del Mondo Dolciume.
L’incantesimo lanciato svanì, il libro tornò alla veggente e… Camillo poté tornare alla sua vecchia vita. Scrisse anche una sua biografia ed ebbe due bellissimi pasticcini (uno al lampone e uno ai mirtilli, dalla moglie Rosa di zucchero vanigliato. La più “dolce” famiglia della città.

Maria M.

Il Bosco di Erika

Bosco che in ogni stagione cambi colore,

Ti guardo e i miei occhi si illuminano

Passando dal rosso al bianco dei fiori.

Scintilli nell’arcobaleno dei frutti colorati

Finché arriva   Inverno

Che con il suo bianco mantello

Riflette la luce di un pallido sole.

Tu esplosione di emozioni,

Rifletti la gioia che è dentro ai bambini

E copri le tristezze dei cuori più adulti.

Erika A.

Poesia cibo dell’anima

Di questi tempi è dura

occuparsi di letteratura

ma siccome la poesia

il cibo dell’anima penso sia

in questo giorno di Natale,

come se fosse Carnevale,

mi vorrei immedesimare

nelle cose a noi più care.

Ché pensavo, con ardore,

com’esser sia un alberello:

per il nostro sol tepore

tagliato e messo in un carrello

preso, lasciato

e nel camino bruciato.

Ma non c’è peggior destino

del natalizio luccicante pino:

né cibo né acqua nei saloni

secchi e caldi dei ricconi,

riempito di pesanti palline,

infastidito d’agitati bambini.

Ulteriore triste storia

vive il pacco di Natale,

comprato al centro commerciale,

incartato con gran boria

per chi solamente vuole,

a tutti far vedere

che di amici ha gran mole:

merita calci nel sedere!

Ma i miei occhi

soffron più

a veder cibo a tocchi

e piena la tivù

di rossi cappellini,

stelline color blu,

colorati bigliettini,

sorridenti ragazzine,

luccicanti lumini,

stucchevoli cartoline,

allegre piccole macchie,

antiche canzoncine

che mi taglian le orecchie;

anche quelle nuove,

più vecchie delle vecchie.

Questo ragazzo

“Non è normale”

direte “è pazzo:

non gli piace il Natale!”.

Eh no, non è vero

io sul serio l’adoro

ma sol quello sincero,

non il benpensante, il  loro!

Fier di questa piccola invettiva,

saluto col cuor chi sempre m’aiuta,

nonostante mia condotta sia cattiva

tanto da legarmi con corda di iuta.

E mi scuso se, oberato dagli impegni,

dimentico di mandar dei segni

in cui indico che a qualcuno

voglio ben mille più uno!

Simone F.

Gli specchi

Una giornata sulle giostre,in compagnia della sorellina,una giornata come tante altre, finché nel Labirinto degli Specchi il destino di Carola si scontra con qualcosa tutt’altro che normale…

Questo è il periodo più bello dell’anno per me. Uscire con le amiche, mangiare un panino alle bancarelle e divertirsi sulle giostre fino a mezzanotte. Magari incontrando anche qualche ragazzo carino.

Stasera, però, niente amiche e niente ragazzi. Da settimane la mia sorellina, Olivia, mi prega di portarla alle giostre. Ed io, dopo averla ignorata per giorni e giorni, finalmente ho acconsentito alla sua richiesta.

Sono le cinque del pomeriggio. A quest’ora si trovano solo bambini dell’età di mia sorella: cinque, sei, sette anni. Che noia. Ovviamente non si può dire di essere andati alle giostre senza essere saliti prima sul Brucomela. E ovviamente Olivia è terrorizzata all’idea di salire da sola, quindi indovinate un po’ a chi tocca accompagnarla? E pensare che questa giostra mi piaceva anche, da piccola, e mi venivano le farfalle nello stomaco quando si andava in discesa. Ora invece è una delle cose più noiose che esistano.

Finalmente l’enorme bruco di metallo si ferma ed io aiuto mia sorella a scendere.

“Ora dove andiamo?” le chiedo.

Lei inizia a saltare su e giù, eccitatissima. “Gli specchi! Gli specchi!”

Il labirinto degli specchi è una delle sue giostre preferite, anche se ormai saprebbe fare il percorso ad occhi chiusi.

Dopo aver pagato il biglietto, entriamo, lei per prima, con le braccia ben distese davanti a sé per non picchiare la faccia contro uno dei vetri.

Non sono passati nemmeno due minuti quando Olivia urla “Ecco l’uscita! L’ho trovata!” e inizia ad aumentare il passo avvicinandosi al punto indicato.

“E’ proprio q-…”- BAM!- La sua testa picchia contro il vetro prima che possa finire la frase.

Cerco di trattenermi dallo scoppiare a ridere.

“Oh, ti sei fatta male?” le chiedo, nel tono più dolce possibile.

Si mette una mano sulla fronte. “No, però ho preso una bella botta! Mi sono sbagliata: magari è di qua l’uscita.”

“Andiamo a vedere”, le dico.

“Ora tengo sempre le manine avanti, così niente più bua”.

Rido leggermente. “Brava”.

Ma dopo aver percorso tutte le vie possibili e immaginabili, Olivia inizia un po’ a preoccuparsi. A dir la verità, neanch’io sono del tutto tranquilla.

Poi però vedo qualcosa che potrebbe essere una porta.

Strano, penso. Prima non l’avevo notata.

“Guarda là”, dico a Olivia e insieme raggiungiamo quella porta. C’è un cartello recante la scritta in stampatello “USCITA”. Meno male. Fossi rimasta ancora un po’ là dentro, avrei iniziato a dare i numeri.

“Sìììììì! – esclama felice mia sorella – Ce l’abbiamo fatta!”

Ma appena giro la maniglia, succede qualcosa, qualcosa di strano. Non riesco a descriverlo. E’ come se tutto il mondo intorno a me iniziasse a girare, a girare, a girare, sempre più veloce. Sento in lontananza il grido di una bambina, poi ne sento un altro, sempre di una femmina, ma un po’ più forte. Ci metto un po’ a capire che sono io che sto urlando.

Mi sembra di stare precipitando in un pozzo senza fine. Non riesco a ragionare, a pensare, a dare una spiegazione logica a tutto questo. So solo che sto cadendo. Sto cadendo! Sempre più giù, sempre più giù. Ci sono delle immagini che mi passano davanti agli occhi in una frazione di secondo, ma sono troppo sfuocate perché io possa capire cosa siano. Tutto è una confusione totale. Mi gira la testa…. Vedo mille colori, sento mille rumori, ma non ci capisco nulla.

Poi tutto si ferma.

Apro gli occhi. Dove sono? E, prima di tutto, dov’è Olivia? Sono in una stanza piccola, grigia e senza finestre. Lungo una delle pareti c’è un grande specchio. Olivia non c’è. Mia sorella non c’è. Com’è possibile? Beh, se ora inizio a pensare a cosa sia possibile o no, non me la cavo più.

Mi sembra di trovarmi in un film di fantascienza o, magari, in un sogno – Sì, un sogno! Perché non ci ho pensato prima? Apro e chiudo gli occhi più volte, mi pizzico pure un braccio… ma niente. Questo non è un sogno.

“Ciao!” dice qualcuno. Per poco non mi viene un infarto. E’ la voce di una bambina. Olivia? No, non è lei. Mi giro lentamente. Una bambina, i capelli neri come la pece, la pelle bianca come il latte e gli occhi azzurri come il mare, si avvicina a me con un sorriso affettuoso.

“C-ciao…” le dico, nel tono più calmo possibile.

“Sei tu Carola?” mi chiede, sempre con lo stesso sorriso di prima. La guardo, stupita. “Come fai a sapere il mio nome?”

“Ti ho vista cadere” dice semplicemente, non rispondendo in modo chiaro alla domanda. “Cioè, vi ho viste cadere. Tu e tua sorella. Olivia, se non sbaglio.”

“Ehm, sì. Ma ora lei dov’è?” Inizio ad essere un po’ preoccupata, o meglio, un po’ più di prima.

“Niente paura, sta bene. Ma è atterrata in un’altra stanza. Non è molto lontana da qui, ma è quasi impossibile arrivarci,” spiega la bambina.

“In che senso, impossibile arrivarci?”

Lei si guarda velocemente intorno, come temendo che qualcuno possa sentire, e dice a bassa voce: “Vedi, ad alcune stanze si arriva subito, basta attraversare un corridoio, ma alcune altre, come questa e quella in cui si trova tua sorella, sono separate da enormi barriere”.

“Tipo?” le chiedo.

“In questo caso,” continua a spiegare, “dovrai attraversare un labirinto. Ma non un normale labirinto, no no. Lo chiamiamo ‘Labirinto degli Specchi’. Vedi il tuo riflesso in tutti gli specchi, ma non è esattamente uguale a come sei nella realtà. Ti vedi più bella, più magra, proprio come vorresti essere. E questo ti spinge a fermarti, a guardarti, ad ammirarti. Ma se fai così, rimarrai intrappolata per sempre nel Labirinto. Non riuscirai mai più ad uscire. Nessuno ci è mai riuscito.”

Ci andrò. Ovviamente, ci andrò. Devo riprendere mia sorella. E un paio di specchi non riusciranno di certo a fermarmi.

“Dove si entra?” chiedo, senza darmi il tempo di cambiare idea. La bambina indica una porta che prima non avevo notato.

“Sei proprio sicura di voler andare?” mi chiede. “Potresti tornare indietro, ora, e fingere che sia stato tutto un brutto incidente.”

La guardo stupita. “Certo che voglio andare. Lei è mia sorella e ha bisogno di me, tu non faresti lo stesso?”

“Non saprei, io non ho una famiglia.” Per un attimo sembra che voglia elaborare, ma i suoi occhi poi si posano sulla porta che aveva indicato momenti prima. “Un’ultima cosa,” dice, “qualsiasi cosa tu faccia, non toccare gli specchi.”

“Perché?”

“Diciamo solo che chi l’ha fatto non è vissuto per raccontarlo.” Un brivido mi percorre la schiena, ma cerco di ignorarlo.

Mi avvicino lentamente alla porta. Prima di girare la manopola, mi volto e dico: “Dovrei trovarlo ironico, il fatto che prima ho trovato l’uscita di una giostra, e ora devo passare nel vero Labirinto?”

Lei abbozza un sorriso. “Oh, Carola,” dice. “La giostra è appena cominciata.”

 

La porta si chiude automaticamente dietro di me. E’ tutto buio. Non vedo neanche dove metto i piedi. Ma qualcosa mi dice che devo andare avanti.

Poi lo vedo. Il primo specchio. Poi il secondo. E il terzo. Quarto, quinto, sesto, settimo. E ora intere file di specchi sono davanti ai miei occhi. Ciascuno di essi emana una luce quasi accecante. Resisto alla tentazione di guardare il mio riflesso.

Ma mentre vado avanti, con la coda dell’occhio vedo qualche ciocca di capelli, il profilo del viso, di una gamba, di un braccio… e ben presto diventa impossibile non guardarsi. Gli specchi sono dappertutto. A destra, a sinistra, in alto, in basso, davanti, dietro.

Wow. Sono davvero bellissima. Sono davvero stupenda. Meravigliosa. Sembro quasi luccicare dalla bellezza.

Sarebbe così facile rimanere qui ad ammirare questa ragazza favolosa. Sarebbe facilissimo.

Ma ora un altro pensiero mi invade la mente: Olivia. La mia sorellina, la bambina di 5 anni e mezzo a cui voglio un mondo di bene. E che rischio di non vedere più. Devo uscire da questo stramaledettissimo Labirinto. Devo farlo. E ci riuscirò.

Però sono così bella! No. E’ solo un’illusione. Olivia. Olivia. Olivia.

“Sei bellissima” “Fermati” “Guardati, sei la più bella del mondo!” dicono delle voci che sembrano provenire dagli specchi. O magari sono solo nella mia mente.

Chiudo gli occhi e le voci scompaiono. Faccio qualche passo. Strano, penso. I miei piedi sanno dove andare. Anche senza vedere, so quando devo girare, se andare a destra o sinistra, se cambiare strada o no. E’ così strano…

Passa un’ora, forse due. Poi mi fermo, apro gli occhi. Rimango a bocca aperta. Eccomi lì, davanti ad un enorme specchio. Indosso un vestito spettacolare, sembra emanare la luce del sole. I miei occhi sono come diamanti. Sono bellissima. No, sono più che bellissima. Sono perfetta.

“Guardati, sei la bellezza in persona” e sono ritornate quelle voci. Ma ora sono così stanca… così stanca… Che bello sarebbe vedere sempre questa spettacolare creatura che si riflette nello specchio!

“Sì, brava, vieni da me.”

Olivia? Chi è Olivia? Chi è nessuno rispetto a questa perfezione assoluta? E potrebbe essere mia. Potrei essere perfetta.

Sto per lasciarmi andare, quando vedo una piccola cosa dorata. E’ una maniglia. Sì, è proprio una maniglia.

Una maniglia di solito a cos’è attaccata? Ad una porta, giusto? E le porte portano alle diverse stanze, giusto? E in una stanza, in una stanza di questo labirinto, ci dovrebbe essere… Olivia! Qui c’è mia sorella! Ce l’ho fatta! Mi manca solo questa porta e potrò riabbracciarla.

L’enorme specchio si apre. Sono molto stanca. Voglio solo trovare mia sorella e tornare a casa.

La stanza in cui entro è anch’essa fatta di specchi. Strano, il labirinto è finito. Allora perché Olivia non c’è?

“Brava, complimenti. Hai trovato l’uscita. Nessuno ci era mai riuscito.” Mi volto e vedo la bambina dagli occhi azzurri, che mi sta guardando con un mezzo sorriso.

“Dov’è mia sorella?” le chiedo immediatamente.

La bambina ride. “Tua sorella non è mai stata qui. Ti sta aspettando all’uscita dalla giostra, Carola. Peccato che tu non ci arriverai mai.”
Sento un’immensa rabbia crescere dentro di me. “Cosa vorresti dire?”

“Sei stata brava nel Labirinto, mia cara. Ma ora sei troppo stanca e non riuscirai a resistere quest’ultima volta.” La bambina si avvolge nel lungo vestito che indossa e scompare.

Mi guardo allo specchio. Sento ancora quelle voci. Sono bellissima.

La bambina compare nell’altro angolo della stanza.

Sono bellissima.

Ed ecco che scompare di nuovo. Sono bellissima. Ricompare. Sono bellissima. Sparisce per l’ennesima volta. Due secondi dopo la vedo di fronte a me. Sono bellissima.

Non ne posso più. So che questa è la fine. I miei occhi si stanno chiudendo. Sono bellissima. La bambina ride, ride, e ride. Vorrei solo la smettesse. Con le ultime forze, mi tolgo la scarpa destra e la scaglio contro la bambina, per farla tacere.

Ma il lancio è troppo a sinistra. La scarpa colpisce il vetro, lasciando un piccolo graffio.

La bambina ora sembra terrorizzata. Ma perché? E’ solo un graffio.

E solo ora le sue parole mi tornano alla mente. “Qualsiasi cosa tu faccia, non toccare gli specchi.” Beh, pazienza. Tanto sarei morta comunque, non ho più speranze.

Il mio sguardo passa dalla bambina allo specchio. Ora quel piccolo segno si sta allungando, allungando, allungando. Si sente un CRACK. La bambina urla. Ben presto tutto il muro di vetro si frantuma in mille pezzettini. CRACK. CRACK. CRACK. Altri specchi rotti. Il labirinto sta crollando.

Certo che se sommassi i sette anni di sfortuna per ogni singolo specchio, probabilmente non vincerei mai alla lotteria per un bel po’ di tempo. La bambina urla di nuovo.

Succede ancora quella cosa strana. Sto cadendo, di nuovo. Mille colori, mille rumori, mille immagini. E poi niente.

Apro gli occhi.

“Evviva! Siamo uscite!” sta urlando serenamente Oliva. Siamo all’uscita del Labirinto degli Specchi. Guardo l’ora. Quanto sono stata in quel posto maledetto? Tre, quattro, cinque ore? Eppure il mio orologio segna solo le sei. Mezz’ora dopo essere entrate nella giostra.

Sento il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni. Mi sta chiamando mia madre.

“Pronto?”

“Ciao, tesoro,” dice, “a che punto siete? Sarà meglio che iniziate a tornare a casa ora. Si sta facendo tardi.”
Mi guardo intorno. Bambini sulle giostre, adulti fermi a guardarli e a parlare con altri genitori. Sembra tutto normale. E’ tutto normale.

“Sì, mamma,” le dico. “Adesso torniamo a casa.”

 

Sarah Elisabeth B.