Frammenti di cristallo e di follia

Era una comunissima notte di ottobre, faticavo a dormire a causa dei fulmini e dei tuoni provenienti dall’esterno.  Strinsi malinconicamente il cuscino e, senza rendermene conto, mi ritrovai davanti al frigorifero in acciaio della cucina, intenta a bere un bicchiere d’acqua. Era come se qualcuno mi avesse trasportato dal letto alla cucina, come si è soliti fare con le bambole, senza che io me ne rendessi conto. Mentre mi interrogavo sul perché fossi lì, qualcosa attirò la mia attenzione: il volto riflesso nel frigorifero non apparteneva a me! Era quello di una donna sui trent’anni, con i capelli mori che le incorniciavano il viso, spigoloso e pallido, e gli occhi color ghiaccio che le donavano un’aria inquietante. Rimasi terrorizzata da quella scena, avevo la fronte madida di sudore, sentivo brividi risalirmi la schiena e le mani mi tremavano talmente tanto che lasciai cadere il bicchiere di cristallo che si frantumò in mille pezzi.
Insieme ai lampi e ai tuoni, sentii il campanello suonare e, anche se non avrei voluto, provai l’irrefrenabile impulso di aprire la porta. Né sulla soglia né tanto meno sul vialetto vidi qualcuno, così tornai dentro casa, ma, prima di chiudermi la porta alle spalle, un lampo illuminò il piccolo giardino, facendomi scorgere il
corpo di una persona coricata a terra. Mi avvicinai per capire chi fosse e cosa stesse succedendo. Un secondo lampo illuminò il viso della persona svenuta nel mio giardino e riconobbi all’istante il volto che avevo visto qualche attimo prima riflesso sullo sportello del frigorifero. Le afferrai d’impulso la mano e chiamai
un’ambulanza e, prima che potessi finire di digitare l’ultimo numero, sentii la sua mano stringere la mia, i suoi grandi occhi chiari si aprirono e io emisi un piccolo gemito per lo spavento.
Non so per quale motivo, ma questo è tutto ciò che ricordo di quella lontana notte. La mattina successiva mi risvegliai madida di sudore abbracciata al mio cuscino, andai subito allo specchio e il volto che vidi riflesso era il mio. Mi consolai pensando fosse stato solo un incubo, ma quando andai in cucina, vidi i frammenti del bicchiere sul pavimento. Forse non era stato solo un sogno, forse ero diventata matta, oppure una donna era davvero riuscita ad impadronirsi della mia identità?

Vittoria